La giornalista turca Sedef Kabas è stata arrestata lo scorso 22 gennaio con l’accusa di aver offeso il presidente Tayyip Erdogan. A far scattare l’arresto della donna, peraltro accusata violentemente dagli esponenti di governo, sarebbe stato l’aver declamato un proverbio popolare in diretta su un’emittente pubblica proprio in riferimento all’operato del leader turco. Se condannata, Kabas rischia fino a quattro anni di reclusione.
L’imputazione è quella rivolta ai contestatori di Erdogan e deriva dall’applicazione di una legge, già ampiamente contestata, che punisce il “vilipendio” nei confronti del presidente con l’arresto degli oppositori politici. Secondo i dati del portale indipendente turco “Expression Interrupted”, sono attualmente 59 i giornalisti che si trovano in carcere per reato di opinione.
Questo ennesimo caso di detenzione illegittima e violazione della libertà di stampa rappresenta la massima espressione della deriva antidemocratica del regime di Erdogan, nonché il risultato di politiche fallimentari dell’Unione Europea nei rapporti con la Turchia. Questa, oltretutto, continua a beneficiare di finanziamenti UE anche nell’attuale programmazione finanziaria.
La Commissione non ritiene sia giunto il momento di abbandonare l’approccio remissivo finora adottato, scongiurando definitivamente qualsiasi percorso di adesione e soprattutto interrompendo l’elargizione di sussidi che, ad oggi, non hanno avuto il minimo effetto sul deterioramento dello Stato di diritto in Turchia?